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Ascolto e assertività - Mamager
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Ascolto e assertività

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Ascolto e assertività

Ovvero: il dialogo profondo

Le parole “assertività” e “assertivo” risuonano continuamente nella testa di chi lavora in azienda, sembra quasi che siano la risposta ad ogni problema relazionale della vita lavorativa e non e, forse, mode a parte, è probabile che davvero lo siano. Ma quanto sappiamo davvero di questo atteggiamento e quanto lo mettiamo in pratica?  

Alert: questo non è un blog di psicologia né io posseggo una laurea in tale ambito. Quello che segue è tratto dalla mia esperienza e dai miei personali studi sull’argomento 🙂

Cosa significa assertività e perché ci può aiutare

La parola “assertività” deriva dal latino ad-serere e significa “dichiarare”, “affermare” e nello specifico indica la capacità di ascoltare, riconoscere ed esprimere i nostri sentimenti, affermando noi stessi in modo equilibrato e rispettoso, sia nei nostri confronti che in quelli degli altri. 

E fin qui, tutto bene, ho pensato la prima volta che ne ho sentito parlare. Tutto bene, mica tanto! Chi di noi è capace, anche nelle situazioni più stressanti, di ascoltare, dire sempre e al momento opportuno quello che pensa in modo sincero, corretto, rispettoso, soprattutto quando si è in disaccordo con l’altro? Certo, ogni momento della vita ha la sua peculiarità, e probabilmente essere assertivi con il parente petulante mentre allatti il tuo primo figlio che ti ha tenuta sveglia tutta la notte e hai 52 mail da inviare per lavoro, potrebbe risultare arduo per chiunque, ma penso che implementare questa capacità nel nostro comportamento sia fondamentale per crescere relazioni sane e serene e per affrontare nel modo più efficace le situazioni di maggior pressione in modo da non complicarle ulteriormente e, nel migliore dei casi, facendo sì di risolverle. 

L’ascolto attivo e il tempo opportuno

Studiando l’argomento, mi sono accorta di quanto si metta sempre e molto l’accento sul fatto che essere assertivi significhi saper affermare se stessi e i propri diritti, mentre relativamente poco su quanto questa capacità derivi da un atteggiamento fondamentale e imprescindibile: l’ascolto. E penso che molto di questo derivi da una peculiarità del nostro tempo che è quella di andare sempre di fretta. L’ascolto, infatti, specialmente l’ascolto attivo, consapevole e teso ai bisogno dell’altro, richiede tempo. Spesso anche molto tempo. E una certa dose di pazienza. Almeno per me, che rientro a pieno titolo in quella categoria di persone che ad ogni problema cerca immediatamente di trovare una soluzione, invece di lasciare lo spazio all’altra persona di aprirsi, sfogarsi, andare fino in fondo e – alle volte – trovare l’eventuale soluzione, se necessaria, da sola. Non solo. Richiede un tempo “opportuno”, dedicato, privo il più possibile di distrazioni. Questo è il motivo per cui penso che il mobile più importante di una casa sia il divano, un divano bello comodo e ampio, capace di accogliere le confessioni più segrete, più intime, al riparo da tutto e – di conseguenza – spesso notturne.  

Partiamo da noi stesse

Per quanto mi risulti difficile dirlo, penso di aver appreso negli anni che se non si impara a conoscere e voler bene a se stessi è difficile riuscire ad apprezzare e accogliere gli altri, perché li tratteremo sempre con la misura con la quale trattiamo la persona che per prima ci è stata affidata, ovvero noi

Ma come si fa? Ad alcuni viene naturale, per altri è semplicemente una domanda da un milione di dollari. Anche qui, penso che sia importante dedicarci del tempo, svolgendo attività che ci aiutano ad entrare in contatto con noi stessi e con le nostre emozioni più profonde, come la meditazione, la lettura, la musica, una passeggiata nella natura. Ognuno ha le sue. Poi credo sia fondamentale ascoltare il feedback che ci dà chi ci vuole bene veramente, da cui possiamo trarre preziosi consigli per migliorarci, sempre che li accettiamo senza prenderla troppo sul personale (e che avrò mai detto, una passeggiata no?!). E poi bisogna imparare a perdonarsi gli errori, le cadute, i fallimenti, traendone la lezione invece di lasciarci bloccare da essi. 

Penso che per essere dei buoni capi, dei buoni genitori e, in definitiva, delle buone persone, sia necessario puntare ad essere persone davvero “risolte”, per quanto sempre in cammino. Ho visto tanti manager e genitori – tra cui me, in alcune fasi della vita – particolarmente insicure e così impaurite di tutto, da non riuscire a trattare con gli altri se non attraverso la meschinità e la crudeltà sotto varie forme, pur di non ammettere di non sentirsi all’altezza. E questo è un peccato, in primis per loro e poi per tutte le persone che hanno avuto sotto la loro responsabilità. Diciamo che – parafrasando leggermente la scommessa di Pascal 🙂 – credo che quantomeno valga la pena tentare, mal che vada avremo perso solo un po’ di tempo.

Essere assertivi con gli altri: al lavoro e in famiglia

E qui viene il bello. Se saremo stati in grado di fare questa fase di “bug testing” su di noi, avremo come minimo una traccia da cui partire per relazionarci con gli altri. Non solo: saremo in grado di capire che una situazione conflittuale non è necessariamente una battaglia in cui se non uccidi vieni ucciso, ma piuttosto un’occasione di crescita, in primis per noi. 

La difficoltà a questo punto è che non tutti saranno necessariamente ben disposti a questo tipo di dialogo e qui entra in gioco l’assertività. Un po’ come quelle volte al liceo in cui l’insegnante più sveglia delle altre, in mezzo al casino della classe, iniziava a spiegare a voce bassa, e a quel punto tutti si zittivano. O quando sussurri qualcosa a qualcun altro anche senza una particolare necessità e l’altro abbassa istintivamente la voce. Ecco, se noi saremo in grado di ascoltare, esprimere le nostre emozioni e i nostri pensieri con garbo anche se in disaccordo, faremo la stessa cosa con il nostro interlocutore, che – molto probabilmente – rimodulerà i propri toni sui nostri. Come nella natura, è la legge del più forte a prevalere e, in questo caso, chi è in grado di affrontare una discussione con tenacia, sicurezza ma anche morbidezza, a mio avviso è decisamente più forte. 

Così sarò in grado di calmare il capriccio di mio figlio guardandolo negli occhi e spiegandogli la mia posizione senza strillargli addosso (che poi se sono in mezzo al supermercato e tutti ci guardano, ci faccio pure una discreta figura!), o riuscirò a ricevere lo sfogone del mio collaboratore con più serenità aiutandolo a vedere i diversi punti di vista. In ogni caso credo sia sempre bene cercare di affrontare e gestire i conflitti piuttosto che evitarli, soprattutto – per quella che è la mia esperienza – con il proprio marito, che è la persona che più di tutte merita un confronto intimo e aperto con noi ogni qualvolta ce ne sia la necessità, perché è il nostro primo alleato e vero amico nel duro viaggio intergalattico della vita (…e qui torna il divano!).

Chiaramente c’è una distinzione da fare: se a casa possiamo dare per assodato di essere tra persone che ci amano e che sono quindi disposte a darci sempre credito, al lavoro non è proprio così, almeno non sempre. Di conseguenza dobbiamo sapere che in ufficio non possiamo essere ingenue e pensare di poter sempre dire quello che pensiamo, quando lo pensiamo, ma anche qui entra in gioco l’assertività. Se abbiamo qualcosa di importante da dire (ad esempio che riteniamo ingiusto essere valutati con lo stesso metro degli altri colleghi anche quando abbiamo due figli piccoli che magari non ci fanno dormire tutta la notte…), dobbiamo trovare il momento opportuno, il modo corretto e la persona giusta a cui dirlo (…quindi magari in disparte al direttore del personale o al nostro capo, quando è in grado di capirlo, invece che in riunione plenaria con tutta l’azienda incluso il cda, che probabilmente penserà che sei semplicemente un po’ esaurita e pure ingrata perché ti hanno rinnovato il contratto “nonostante” tu fossi incinta…). Più che altro perché rischiamo non solo di non ottenere la giusta attenzione per qualcosa di veramente importante, ma pure di ottenere l’effetto contrario di una reputazione rovinata agli occhi di chi conta. Ripeti con me “sono una persona assertiva…oohhhmmm” :D.

Alcuni consigli pratici

Di seguito qualche consiglio pratico di cui ho potuto fare tesoro in questi tempi difficili (me se ne avete altri per favore condivideteli!).

Verso te stessa:

  • Dedicati con regolarità del tempo di qualità (la rima non era voluta, ma se serve a ricordare questo mantra a mo’ di filastrocca, tanto meglio!)
  • Sii sincera con te stessa quando qualcosa non va, anche quando fa male (usa il “ceretta-pensiero”: ora provo dolore, ma poi mi sentirò molto più bella!)
  • Fai in modo che le critiche verso te stessa siano sempre costruttive (evita l’effetto “Tafazzi” che oltre a fare male è pure inutile). 

Verso gli altri:

  • Trova il momento opportuno per il confronto.
  • Esprimi come ti senti e, quando serve, esprimi i tuoi timori (ad esempio: ho paura che se dico o faccio questo, tu possa reagire così o possa andartene).
  • Se sei arrabbiata cerca di rimandare a un momento più adatto. Se non è possibile, conta almeno fino a 10 e respira profondamente prima di rispondere!
  • Prova a metterti (davvero!) nei panni dell’altra persona.
  • Assumiti le tue responsabilità sia nel bene che nel male, quindi accetta di buon grado gli apprezzamenti e chiedi scusa quando hai commesso un errore. Per alcuni è molto più facile il secondo atteggiamento che il primo, a volte per una scorretta comprensione dell’umiltà, che – come diceva Madre Teresa di Calcutta – altro non è che la verità. Non è quindi abbassarsi inutilmente (ecco di nuovo Tafazzi), ma riconoscere con equilibrio e sincerità in cosa siamo bravi e in cosa possiamo migliorare.  
  • Trasforma ogni critica, sia quella che dai che quella che ricevi, in una critica costruttiva.
  • Se non ottieni risposta a una domanda importante, insisti con positività e apertura.
  • Last but not least: impara a dire no quando serve (a te o agli altri).
In conclusione

Per concludere, abbiamo visto come l’assertività abbia molto a che fare con l’autostima, con la sincerità, con la responsabilità, con il prendersi cura di sé e degli altri. 

Per questo penso sia un ingrediente fondamentale della ricetta di vita quotidiana, non solo per la nostra famiglia o il nostro posto di lavoro, ma anche – pensando più in grande – per dare il nostro contributo a una società più inclusiva e rispettosa, dove ognuno possa essere accolto con le sue specificità e non nonostante esse, dove ognuno possa essere messo in grado di migliorarsi e quindi di migliorare tutta la società.

Mamager

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